Katja Tukiainen
dal 23 settembre al 23 ottobre 2019
A cura di Giancarlo Carpi e Riikka Vainio
Dare seguito alla storia espositiva e al contesto culturale passato di un gruppo di opere rigenerandole – tramite “retouch” nell’ambito di nuove occasioni sociali ed estetiche nella continuità di quel contesto, come dandogli forma. È un po’ questa l’operazione di Katja Tukiainen e in seconda battuta dei curatori con la scelta di proporre nella Futurism&Co alcuni quadri modificati nell’atelier del Macro Asilo – nella settimana che precede la mostra – e ancor prima, nel 2016 esposti nella sua prima personale romana (presso la Core Gallery – Luna Park Abbandonato): si tratta dei suoi “quadri italiani”. Da questa sensibilità per il contesto, come per la lingua italiana che conosce e parla - si può aprire il discorso sulla sua ricerca formale che ha spesso visto integrarsi elementi “old fashion” e “lolitesque”, anche nella realizzazione di fastose e accattivanti ambientazioni in Hotel e altri luoghi. Katja Tukiainen, una delle più importanti artiste contemporanee finlandesi, lo è anche perché è stata l’artefice di una delle prime e più consistenti rappresentazioni della categoria estetica della cuteness, dei suoi moduli di fusione tra soggetto e oggetto, tra violenza e amorevole passività. Categoria poi variamente reinterpretata nei due decenni successivi da centinaia di artisti avendo, in Giappone, la sua manifestazione più potente e concettuale nel movimento Superflat. Le icone ricorrenti del suo lavoro sono ragazze seducenti e ribelli, derivate dai fumetti, parenti anche per questo di quelle di Yoshitomo Nara, Mr. Aya Takano. Ma lungi dall’esserne dei rifacimenti, l’artista ha costruito con esse un suo mondo immaginativamente autonomo, basato sulla preminenza dei colori viola, rosa e magenta in chiave espressionistica su modelli morfologici che mentre sono grossomodo affini per lo schema di base infantile – Kindchenschema – sono però fisiognomicamente complessi e personali – si veda ad esempio lo strano coesistere di un’apparenza “anziana” e infantile nelle grandi sculture in vetroresina – Cuteness overdose. Un modo forse anche ambiguamente sadico, oscillante tra soavità e tenerezza e cattiveria con riferimento consapevole a Henry Darger. La mostra propone inoltre alcuni quadri più recenti, che mostrano un accento sugli aspetti energetici e muscolari del suo soggetto prediletto, con invenzioni formali-logiche come la trasformazione delle calze delle ragazze in mirabolanti anelli energetici fluorescenti. Perfettamente espressivi del tema. Fino poi alle piccole sculture in ceramica che recuperano certa fusione oggettuale del rappresentato come fossero acrobazie e pose snodate dei piccoli ammiccanti soggetti.